La cultura del vino italiana è una delle più ricche e complesse al mondo. Tuttavia, non abbiamo raggiunto questo grande risultato dall’oggi al domani. La nostra storia d’amore con il vino, infatti, va avanti da più di 2000 anni e dobbiamo molto ai nostri antenati: i romani. Fu sotto l’Impero Romano che la viticoltura e le tecniche di vinificazione in Italia ebbero un grande incremento. Ma come si produceva il vino in epoca romana?
Viticoltura e vinificazione romana
Oggi è abbastanza facile capire quanto fosse importante l’agricoltura e soprattutto la viticoltura nell’Antica Roma. Questo perché molti poeti latini hanno scritto della vita di campagna in modo molto preciso. Dalle Res Rusticae di Varrone, al De Re Rustica di Columella, fino a Plinio e alla sua Storia Naturale, la viticoltura ebbe un ruolo fondamentale in tutti i principali saggi latini sull’agricoltura. Prima dell’Impero Romano la vite era coltivata nell’Italia settentrionale dagli Etruschi e nell’Italia meridionale dai Greci. I romani non furono allora responsabili dell’introduzione della viticoltura in Italia. Ad ogni modo, hanno svolto un ruolo importante nel suo miglioramento e sviluppo. I romani si prendevano cura delle viti come facciamo noi oggi. Qualche esempio? Essi…
selezionavano i vitigni tenendo conto del terreno e del clima a cui erano adatti
potavano le viti e tagliavano i grappoli in più
si prendevano cura del fogliame
effettuavano la selezione manuale dei grappoli migliori
Completamente diverso era invece il processo di vinificazione, effettuato principalmente mediante pigiatura dell’uva a piedi nudi e utilizzando torchi a vite di pietra. La fermentazione avveniva nelle giare di argilla dette anfore, che servivano anche per conservare e trasportare il vino. Le botti di legno presero il sopravvento sulle anfore solo nel III secolo d.C.
Alcuni resti di anfore usate in epoca romana per fermentare, trasportare e conservare il vino
Gusto antico Romano
Ai romani piaceva il vino quanto noi italiani oggigiorno? Beh, sicuramente si, solo in un modo diverso. Inizialmente venivano vinificati allo stesso modo sia i vini rossi che quelli bianchi, mantenendo insieme le bucce e il mosto. Il risultato? Vini bianchi molto simili ai super trendy orange wines. Un altro fatto interessante era che i romani usavano miscelare il vino con qualcos’altro. Questo qualcos’altro era spesso acqua (di solito una parte di vino e due di acqua) poiché bere vino puro era considerata un’abitudine barbarica. Proprio l’opposto di come facciamo oggi! Ultimo ma non meno importante, i romani amavano i vini dolci. Questo è il motivo per cui le uve erano solitamente molto mature quando venivano pigiate. Erano soliti aggiungere miele e resine per rendere il vino ancora più dolce e farlo durare più a lungo.
Un affresco che rappresenta il piacere del vino di epoca romana
La viticoltura romana nel veronese
È quindi abbastanza chiaro che i romani fossero decisamente golosi di dolci ed è per questo che amavano così tanto il nostro tradizionale vino dolce, il Recioto. Al tempo veniva chiamato Acinatico ed è quello che possiamo considerare il bisnonno dei tre diversi tipi di Recioto che si possono trovare nella nostra regione: Recioto di Soave, Recioto di Gambellara e Recioto della Valpolicella. Prodotto appassendo le uve e fermando la fermentazione, l’Acinatico era amato e decantato in tutto l’Impero Romano. Che ne dici di provare il gusto romano con una degustazione del moderno Acinatico? Unisciti a noi in un Due cantine di Amarone per sorseggiare il Recioto rosso o in un Soave e Amarone per assaporare il vino dolce nelle sue declinazioni sia rossa, sia bianca. In fondo, come dice un vecchio proverbio, quando vai a Roma fai come fanno i romani!
Una bottiglia di Recioto della Valpolicella Classico, il vino da dessert più tradizionale della zona