
Per questo nuovo episodio di chiacchiere con i produttori, restiamo nella zona del Soave Classico, proprio all’interno delle mura dell’antica Soave. Qui, Cantina del Castello è l’unica che ancora vinifica nel centro storico del paese, e questo ha segnato profondamente la tipologia di produzione proposta. Ad accoglierci, Stefanie, hospitality manager della cantina, e Marco Carlesso, che dal 2019 ha preso in mano le redini dell’azienda. Proprio Marco ci ha guidati alla scoperta della storia e della filosofia produttiva di questa piccola ma preziosa realtà.
La prima parola che vorrei andare ad analizzare insieme è STORIA, perché senza dubbio per la tipologia di cantina e per la struttura in cui vi trovate, siete indissolubilmente legati ai fatti storici che hanno segnato la nascita e lo sviluppo della città di Soave.
- Sì, qui potrei stare ad annoiarvi per ore. Al di là dell’azienda, che nasce nel 1961, il punto forte è proprio il palazzo che ci ospita, che è uno dei palazzi più storici di Soave. E’ conosciuto come palazzo dei conti Sambonifacio, ed il Sambonifacio che lo ha costruito era un cavaliere templare. Ci sono ancora delle tracce sul retro, delle lapidi con il loro motto, che uno storico ha notato passando una quindicina di anni fa, ed è stato in grado di ricostruire la storia del palazzo andando in giro per biblioteche e archivi storici. Il palazzo era collegato al castello tramite un tunnel sotterraneo, perché a quel tempo (parliamo del 1200) non c’erano ancora le mura, e quindi serviva un passaggio sicuro per spostarsi. La parte sotterranea dell’edificio inoltre è sempre stata adibita a cantina, probabilmente produttiva a fasi alterne, ma per certo anche in passato qui si faceva vino. L’azienda per come la conosciamo oggi è nata invece come anticipato nel 1961, inaugurando la fase “moderna” della cantina.
Interessante è anche come questo passato che avete alle spalle lo abbiate riproposto anche in tutti i lavori di ristrutturazione che avete fatto negli ultimi anni.
- Fondamentalmente quando ci siamo posti il problema se valesse la pena investire qui o spostarsi fuori dal paese come hanno fatto tutte le altre cantine, noi abbiamo fatto il colpo di testa di restare qui. Ecco che quindi abbiamo scavato la cantina sotterranea, ed è stato un cantiere pazzesco, perché ha richiesto una certa quantità di permessi ed autorizzazioni. Siamo dunque ancora qui, gli ultimi che ancora vinificano all’interno della cinta muraria di Soave. E qui abbiamo tutto il ciclo produttivo: conferimento delle uve, fermentazione, affinamento, imbottigliamento, e arriviamo fino alla vendita su scaffale, che per noi è importante in primo luogo per la posizione centralissima che abbiamo, e anche perché in questi ultimi anni abbiamo investito molto sull’enoturismo, e la gente ci cerca perchè siamo tra i più attrattivi della zona.
Infatti il fatto di aver scelto di restare qui ha poi profondamente caratterizzato il vostro stile di produzione, restando piccoli produttori.
- L’idea è proprio quella, commercialmente parlando, di saturare il potenziale produttivo e fermarsi lì. L’obiettivo è arrivare sempre ad esaurimento, idealmente finire un’annata ancor prima che sia pronta quella nuova. Ci affermiamo così con una produzione che potenzialmente può raggiungere un massimo di 150 mila bottiglie l’anno. Di più sarebbe un problema. Quindi anche il fatto di aver realizzato questa nuova cantina sotterranea, è proprio per dare più spazio alla produzione. Tutto è nato perché volevamo rinnovare il piazzale, allora abbiamo presentato un duplice progetto, per il piazzale e lo scavo della cantina. Pensavamo che ci avrebbero bloccato il progetto perché questa è un’area sottoposta a rigidi vincoli storici e paesaggistici, ma lo hanno accettato, ed eccoci qui. Questi nuovi spazi ci hanno permesso di reintrodurre il Soave affinato in botte, che già veniva prodotto in passato, e di far qualcosa di nuovo con un vino affinato in anfora. Avendo noi i vigneti concentrati in un’unica unità geografica, abbiamo deciso, tramite le diverse tipologie di affinamento, di esaltare le diverse caratteristiche dello stesso vino. E’ un modo didattico e anche divertente di far capire a chi viene a fare delle degustazioni qui come cambia il vino in base al materiale in cui viene affinato: legno, acciaio o terracotta.
Infatti altre parole che ti volevo proporre, che sono in fondo tutte collegate tra loro, sono EVOLUZIONE, RINNOVAMENTO, e RICERCA. Sia dal punto di vista produttivo, perché è interessante come lavorate sui vini con diversi materiali, sia (tornando alla storia) mi ha molto affascinato il personaggio del tuo bisnonno, di cui ci hai raccontato l’ultima volta che sono venuta qui in visita.
- Sì, in realtà il mio bisnonno poco c’entra con la cantina, ma c’entra molto con il fatto che a Soave ci sia ancora il vino. La Fillossera sbarcò in Francia a fine Ottocento e arrivò in Italia a inizio del Novecento, distruggendo gran parte del nostro patrimonio viticolo. Qui a Soave la Cantina Sociale chiuse nel 1928 per mancanza di prodotto, non c’era più nessuno in grado di conferire l’uva in cantina. Il mio bisnonno fu incaricato negli anni ‘30 dal Ministero dell’Agricoltura, coadiuvato con la scuola di enologia di Conegliano dove si trovava un ente antifillosserico, di trovare una soluzione a questo problema enorme nella zona di Soave. La soluzione è stata trovata nell’innesto di cloni diversi di Garganega e Trebbiano su piedi di vite americana, che sono in grado di difendersi da questo insetto. Il mio bisnonno dunque piantò questi vigneti sperimentali, studiandone la resa e il grado di maturazione, e dopo una decina di anni individuò l’incrocio migliore per quella che era la conoscenza del tempo. Da allora si cominciò a piantare di nuovo vigneti a Soave. Lui è stato inoltre fondatore del Consorzio di Tutela, prese parte alla commissione che ha individuato la zona Classica del Soave, e, siccome era anche uno che amava la vita, ha fondato anche la Festa dell’Uva, che non è nata per essere una festa di fine raccolto, ma era stata istituita per festeggiare il ritorno dell’uva. Noi eravamo all’oscuro della storia di questo bisnonno, finchè quando è morta mia nonna nel 2002, mia mamma ha trovato un baule con tutta la corrispondenza che ha permesso di ricostruire la storia di suo nonno.
L’innovazione invece è legata al fatto che, nella parte produttiva, a parer mio tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione va usata. E’ romanticissimo dire che si usano strumentazioni dell’Ottocento, ma in realtà, a parte lo storytelling, il vino in fondo è un prodotto alimentare e bisogna rispettare certi parametri. Non è che abbiamo niente di trascendentale, semplicemente una linea di imbottigliamento e un impianto di filtrazione all’avanguardia, che ci permettono però molta flessibilità nella produzione.
Interessante è quindi vedere come dalla stessa materia prima, utilizzando materiali diversi, cambia enormemente il prodotto finito.
- Questo è anche un po’ didattico, torniamo ad un discorso legato alla divulgazione scientifica. La maggior parte delle persone che vengono a fare degustazioni lo fanno alla cieca, non avendo una vera conoscenza del vino e del mondo del vino. Però abbiamo visto come questo gioco, di fare capire come varia il vino in base al materiale usato per l’affinamento, venga apprezzato.
Tu hai preso in mano l’azienda dal 2019, e per quella che è stata la mia impressione, essendo venuta qui diverse volte negli ultimi anni, è che il tuo arrivo ha segnato una piccola rivoluzione nella gestione della cantina. Anche l’offerta di vini che avevate è stata notevolmente ampliata.
- Proprio perché abbiamo fatto grandi investimenti in cantina, noi riusciamo a fare anche produzioni molto piccole. Con i nuovi recipienti che ci permettono di fare masse più piccole, riusciamo anche a diversificare maggiormente la produzione. Inoltre, oltre ai vigneti in località Pressoni per la produzione dei nostri Soave Classico, avendo anche mia mamma vigneti, ho potuto comprare da lei le uve per portare su scaffale anche Valpolicella, Pinot Grigio, etc. quando c’è stata richiesta.
Marco, se per concludere vuoi aggiungere qualcosa che hai piacere di evidenziare…
- A me piace molto che questo posto sia aperto. Per me il più grande errore di chi mi ha preceduto nell’amministrazione della cantina è che negli anni in cui è partito il mercato enoturistico e ancora non era regolamentato, quindi si sarebbe potuto fare di tutto, hanno sempre gestito questo palazzo come il cortile di casa. Ed è un delitto perché questo è un museo. A me fa piacere che chiunque passi da qui, anche solo per curiosità, senza per forza comprare una bottiglia, possa entrare e vedere la bellezza di questo posto, che gli resti dentro un segno che lo spinga magari anche a tornare e condividere questa esperienza con i suoi cari. Il nostro è un approccio proprio amichevole, ci piace che quando la gente viene qui, si rilassi. Questa è la chiave che abbiamo adottato fin dall’inizio.
Con Marco e Stefanie non ci resta che darci appuntamento Giovedì 20 marzo alle ore 19.00 presso la nostra sede in Corso Castelvecchio 3a, a Verona, per un nuovo “Aperitivo con il produttore”. Ti aspettiamo!
Se già conosci i loro vini o hai piacere di assaggiarli, li puoi trovare sul nostro shop online, e te li consegneremo direttamente a casa!